L’analisi del nostro contesto ci mostra un primo dato rilevante: la professione dell’avvocato è entrata in crisi.

L’80% degli avvocati abilitati in Italia all’esercizio della professione forense produce un fatturato che non supera 50.000 euro annui e il 50% di questi non supera i 20.000 euro annui (fonte Italia Oggi, agosto 2021, https://www.italiaoggi.it/news/in-italia-ancora-troppi-avvocati-soprattutto-al-sud 2530808#:~:text=In%20generale%2C%20sono%20pi%C3%B9%20di,forense%20relativa%20all’anno%202020).

La domanda di servizi legali è quasi interamente assorbita dai primi 25 studi legali italiani (Top Tier). Questi studi – dal 2015 – generano ricchezza seguendo un trend positivo ininterrotto nel tempo (+34% ogni anno) e in controtendenza (>47%) rispetto alla stessa produzione interna nazionale lorda, che ha invece registrato una contrazione del 13% (fonte TopLegal, novembre 2021, https://www.toplegal.it/news/2021/11/25/28098/gli-orientamenti-di-un-mercato-crepuscolare).

Nel 2018, il 40% degli avvocati già percepiva prospettive di peggioramento complessivo della propria situazione professionale (studio 2018 SDA Bocconi per l’Ordine degli Avvocati di Milano (https://www.ordineavvocatimilano.it/media/allegati/consiglio-dell-ordine/201913_OAM_Sondaggio_2018_rev7mar.pdf)).

La crisi dei servizi legali – e la commoditizzazione della professione dell’avvocatura – sono dunque il rischio più grande che freebly, come studio legale, deve affrontare.

Prova ne sia il risultato negativo di bilancio del 2021, dopo 2 anni di trend in crescita positivo per freebly.

Questo risultato, conseguenza immediata e diretta dell’avvicendamento di alcuni professionisti aderenti a freebly, ha portato la governance, nel 2022, ad adottare immediate azioni di verifica del business model applicando i principi del pensiero integrato, e correttivi, quali, ad esempio, il controllo di gestione esterno e la ristrutturazione del proprio ciclo di recruiting.